Silvio Trentin: breve profilo biografico a cura di Pio Serafin

SILVIO TRENTIN
(San Donà di Piave 11.11.1985 – Monastier 12.3.1945)


Nato nel 1885 a San Donà di Piave, si era laureato in giurisprudenza a Pisa e divenne a 24 anni il più giovane docente universitario di diritto in Italia. Volontario nella prima Guerra Mondiale fu pilota pluridecorato sui primi aerei apparsi sui cieli italiani. Durante il conflitto si vide costretto a bombardare la propria casa che era sede del comando austriaco. Partecipò, a bordo di un dirigibile, alla più lunga ricognizione aerea della guerra fotografando l’intera linea del fronte dal Trentino all’Adriatico.
Avvocato, deputato dal 1919 al 1921 per la Democrazia sociale, protagonista dell’istituzione dell’Ente di rinascita agraria delle provincie di Treviso e Venezia e della bonifica integrale dei terreni paludosi tra il Lemene e il Livenza, divenne professore di diritto pubblico a Ca’ Foscari. Legato da profonda amicizia con Giovanni Amendola, fu con Salvemini e con l’ex presidente del consiglio Nitti uno dei tre soli docenti italiani che preferirono scegliere la via dell’esilio in Francia nel 1926 per non dover giurare fedeltà al fascismo.
Dapprima agricoltore, poi operaio e successivamente libraio a Tolosa, durante l’esilio scrisse una straordinaria quantità di opere, quasi tutte in francese, e svolse un’intensa attività politica forte di una riconosciuta autorevolezza culturale e morale. Alla morte di Carlo Rosselli, assassinato a Bagnoles de l’Orne il 9 giugno 1937, tenne un discorso a Tolosa davanti a ventimila persone divenendo il leader di Giustizia e Libertà e subì la rabbiosa reazione di Roberto Farinacci che arrivò a minacciare per lui la stessa fine dei fratelli Rosselli
La sua “Librairie du Languedoc” fu un centro culturale e politico, “le centre principal pour l’intellighentsia antifasciste à Toulouse” secondo lo scrittore Jean Cassou. Durante la guerra di Spagna essa divenne “una specie di ambasciata, la sede dei collegamenti irregolari fra la Francia e Barcellona, attraverso i Pirenei”, come scrisse Lussu.
Partecipò alla Resistenza nel movimento “Libérer et Fédérer” elaborando una compiuta teoria federalista dello Stato che trovò la traduzione normativa in due progetti di costituzione per la Francia e l’Italia.
Nella sua casa di Tolosa nell’ottobre del ’41 fu firmato il patto di unità d’azione sottoscritto da Nenni e Saragat per il partito socialista, da Dozza e Sereni per il partito comunista e da lui per Giustizia e Libertà.
Dopo lo scoppio della guerra egli diede completezza alla visione federalista dello Stato che già aveva delineata negli anni trenta e che aveva evidenziato ne La crise du droit et de l’Etat. Essa è contenuta nel libro Stato-Nazione-Federalismo del 1940 e nel saggio Libérer et Fédérer che il giurista veneto portò con sé in Italia ed affidò nell’autunno del ’43 ad Antonio Giuriolo per la traduzione.
Trentin morì il 12 marzo 1944, a Monastier di Treviso. Era ritornato nel suo Veneto solo da pochi mesi dopo quasi 18 anni di esilio in Francia. “Lo riconoscemmo immediatamente come la guida che avevamo cercata”, scrisse Norberto Bobbio e per Leo Valiani egli fu, assieme a Concetto Marchesi, “la prima guida spirituale di tutto il movimento nel Veneto, il vero teorico del carattere autonomista della resurrezione d’Italia, il critico più forte della struttura centralizzata dello Stato italiano.” Giuseppe Zwirner disse che “Ognuno si aspettava e desiderava che Trentin facesse ogni cosa, tutti si appoggiavano alla sua inestimabile esperienza, alla sua intelligenza, alla sua autorità morale.”
In una lettera ad Emilio Lussu Trentin aveva declinato l’invito a far parte della direzione del CLN perché egli riteneva che il suo posto fosse qui nel Veneto e non a Roma. E nella sua veste di leader e di guida morale il 1° novembre del ’43, su “GL”, il giornale degli azionisti padovani, aveva lanciato il suo “Appello ai Veneti guardia avanzata della nazione italiana” prima di essere arrestato a Padova con il figlio Bruno il 19 novembre 1944. Morirà a Monastier il 12 marzo successivo.
La prematura morte di Trentin nel momento decisivo della lotta di liberazione non gli consentì di esercitare quel ruolo che egli avrebbe potuto avere nella ricostruzione del Paese come affermò Pietro Nenni secondo il quale egli “sarebbe stato certamente uno dei capi della nuova Italia, uno dei maestri della nuova generazione”.

Pio Serafin