Gordiano Pacquola “Oreste”

“Bruno Bazzacco “Giorgio” nella sua testimonianza dice che, nel periodo del gruppo di “Malga Campetto”, “Oreste“ svolgeva il ruolo di commissario e “alla sera teneva delle conversazioni politiche“. Augusto Slaviero “Blasco”, nel suo opuscolo “Parla uno della Garemi“, narra che “Oreste”, nelle lunghe veglie in Altopiano, raccontava ai garibaldini i particolari più salienti della vita dei partigiani lassù a Campetto. 
Fra i primi partigiani che hanno dato vita alle formazioni garibaldine nell’Alto Vicentino, alle Garemi, Gordiano Pacquola è certamente un elemento di grande preparazione ed esperienza politica.
Nato a San Donà di Piave (Venezia) nel 1906 in una famiglia numerosa, avviato al lavoro subito dopo la scuola elementare, frequentata fino alla terza classe, a dodici anni esercita il mestiere di scalpellino. Il padre è bracciante, salariato agricolo.
La sua origine e l’impegno manuale e fisico lo portano a riflettere sulle dure condizioni di lavoro e di vita delle classi popolari. Abbraccia, fin da ragazzo, gli ideali socialisti e nel 1923, a 17 anni, aderisce all’organizzazione giovanile del partito comunista e partecipa alle iniziative. Ma in pieno fascismo l’attività politica è difficile, piena di rischi. Schierarsi dalla parte dei lavoratori significa lo scontro quotidiano con i fascisti, che praticano la violenza a tutela degli interessi padronali. Pacquola, insieme a tanti altri suoi compagni, si oppone alle loro prepotenze. Nel 1925 è costretto a cercare lavoro in Francia. Entra così in contatto con gli ambienti più attivi dell’emigrazione italiana. Si impegna nell’attività verso gli emigrati e nelle lotte sociali e subisce per questo, nella capitale francese, arresti e persecuzioni.
Diventa membro attivo del PCI e per la sua intelligenza e determinazione viene chiamato al lavoro clandestino. Nel 1930 è a Mosca, per sette mesi, alla scuola di partito. Nel 1931 si trova in Italia, è uno dei collaboratori di Pietro Secchia nella preparazione del IV Congresso del PCI. Paolo Spriano, nella sua “Storia del PCI”, lo cita tra i numerosi comunisti condannati dal Tribunale Speciale.

“Ma sono le sentenze dei 1931 a dare la misura dello sforzo intrapreso con la svolta e del suo corso. Non passa settimana senza numerose condanne. Segnaliamo quella a 10 anni di Gilardi, quella del pescatore Carlucci a 4, quella del barbiere Garagnani a 6 (come per lo stradino Righi), quella del tipografo Remo Polizzi a 12, quella di interi gruppi di comunisti romagnoli di “base” tra gli uno e i sei anni (ma per ii commerciante Vannoni di Ravenna sono 12), quella di Ettore Vacchieri (un meccanico torinese che andrà a morire in Spagna nelle Brigate Internazionali) a 12 anni. È ia stessa pena che tocca al fratello di Silone, Romolo Tranquilli (che morirà l’anno dopo in carcere). I processi alle organizzazioni emiliane sono i più numerosi. Il Tribunale Speciale, di fronte alla misura di massa del fenomeno, e molto cauto: per una parte assolve, per l’altra infligge condanne meno pesanti. Ma quando si tratta di dirigenti gli anni salgono. ii triestino Ferrer Vlsentini è condannato a 9 anni, l’alessandrino Giovanni Villa a 7, il giovane intellettuale Leo Valiani — arrestato nei febbraio del 1931 a Fiume — a 12, Celso Ghini a 17. Ferdinando Maggioni a 12, Claudio Melloni a 12, Giovanni Gilardi a 10, Antonio Cicalini a 8, Paolo Baroncini a 15, Mario Gazzotti a 14, Gordiano Pacquola a 14 e Pietro Secchia a 17″.

La sentenza n. 4 del 28-1-1932 riporta il suo nome tra quelli di alcuni dirigenti del centro interno del PCI, che operano in direzione degli stabilimenti industriali di Torino e nei rioni periferici operai. ll cementista Gordiano Pacquola è processato e condannato insieme a Pietro Secchia e ad altri. lmputazioni: costituzione del PCI, appartenenza allo stesso e propaganda.
In carcere, prima a Civitavecchia e poi alla Casa di Pena di Padova, incontra altri dirigenti, come Ravagnan, Scoccimarro, Flecchia, Santhià, Parodi e migliora la sua preparazione politica. Uscito dal carcere per amnistia, è sottoposto a sorveglianza speciale. Eludendo però le misure di polizia Gordiano, che per vivere fa lo zoccolaio, riprende contatto con l’organizzazione comunista che opera nella clandestinità. Diventa un punto di riferimento importante per i comunisti e per gli antifascisti. Nel 1942 è segretario della ricostituita Federazione di Venezia. Dopo l’8 settembre 1943 viene chiamato presso la Federazione di Padova. Aveva già conosciuto Raffaella Luisari e la sua famiglia. Stabilisce il collegamento con Gino Sgarabottolo, i Passi (il ferroviere Fortunato e i figli Gastone e Mario), Pietro Franchini e altri. Contribuisce a ricomporre l’unità del gruppo padovano, lavora pure in direzione delle fabbriche. Nella città, centro di “comando” della Resistenza triveneta, dove operano degli uomini eccezionali come Egidio Meneghetti, Silvio Trentin e Concetto Marchesi, Pacquola dedica la sua attività al reclutamento e alla formazione di molti giovani, studenti e lavoratori, li prepara alla lotta.
Quando si concretizza l’obiettivo di sviluppare la lotta armata nell’Alto Vicentino. sale anche lui a Malga Campetto, sopra Recoaro. Ha 38 anni. I mesi di gennaio, febbraio, marzo 1944 lo vedono, con i partigiani di Zanella Raimondo “Giani”, sui monti di Recoaro, Marana, Crespadoro e Durlo. Nell’aprile 1944 raggiunge con “Franco” l‘Altopiano di Asiago. Dà il suo contributo di esperienza e di capacità, con la funzione di commissario politico, al consolidarsi della formazione partigiana che opera nella parte occidentale dell’Altopiano e che, poi, ha assunto il nome di Brigata “Pino”. Ai primi di giugno viene arrestato a Vicenza e deportato in Germania. Ritorna a casa dopo la Liberazione, il 15 settembre 1945. È riconosciuto in qualità di ispettore tra i quadri del comando del “Gruppo Divisioni A. Garemi”.
Riprende nel dopoguerra il suo impegno per il miglioramento delle condizioni sociali e politiche dei lavoratori. È segretario della Camera del Lavoro di San Donà.
Collaborano con lui Giovanni Bortoletto, Beniamino Ferruglio e tanti altri. Poi, nel 1947, va a lavorare come operaio alla Vetrocoke di Marghera fino all’età della pensione. I compagni di lavoro, riconoscendo la sua capacita e la sua tempra di dirigente, lo eleggono più volte membro della commissione interna. Per 15 anni è consigliere comunale del PCI a S.Donà. Sposato nel 1938 con Elisa Zanuto, ha una figlia, Edda, insegnante di lettere. ll cognato, Verino Zanuto, è stato impiccato dai fascisti il 22-4-1945 a Meolo (Venezia), all’età di trent’anni. Gli sono stati dedicati dalla pubblica amministrazione il campo sportivo e una via di Meolo.
Gordiano Pacquola è deceduto quest’anno, all’età di 82 anni, a S.Donà. Il suo funerale ha avuto luogo il 7/3/1988. Davanti ad una grande folla di cittadini, amici, partigiani e compagni di lotta, vecchi e giovani. “Oreste” è stato commemorato dal sindaco della città e da Gianni Pellicani, membro della Segreteria Nazionale del PCI”.

F. – GH
Marzo 1988

Tratto da “Figure della Resistenza vicentina: profili e testimonianze” di Mario Faggion e Gianni Ghirardini