Anpi per la Scuola: L’emigrazione italiana nel racconto del cinema

“Lontano da dove. Quando i migranti eravamo noi. L’emigrazione italiana nel racconto del cinema

“Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Non amano l’acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci. Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro. Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro. I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel nostro paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali.”…“Propongo che si privilegino i veneti e i lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti ma disposti più di altri a lavorare. Si adattano ad abitazioni che gli americani rifiutano pur che le famiglie rimangano unite e non contestano il salario. Gli altri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa prima relazione, provengono dal sud dell’Italia. Vi invito a controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più. La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione”.

(Relazione dell’Ispettorato per l’Immigrazione del Congresso americano sugli immigrati italiani negli Stati Uniti, Ottobre 1912)

Il cinema italiano ha sostanzialmente ignorato l’emigrazione italiana che, dal 1870 alla fine dell’’800, aveva interessato già oltre cinque milioni di italiani, così come è stata ignorata la Grande emigrazione che, dall’inizio del ‘900 alla Prima Guerra Mondiale, vide un vero e proprio esodo verso l’estero di quasi nove milioni di persone.

L’emigrazione italiana diventa tema di racconto cinematografico solo dopo la Liberazione e riguarderà principalmente la terza fase (quella relativa agli anni della ricostruzione dopo la Seconda Guerra Mondiale sino alla fine degli anni settanta del Novecento) dell’imponente trasferimento di popolazione italiana all’estero iniziato un decennio dopo l’Unità d’Italia.

Purtroppo la maggior parte della produzione filmica dedicata ai nostri emigranti ha privilegiato la rappresentazione macchiettistica e grottesca dell’italiano all’estero, utilizzando gli stessi stereotipi e pregiudizi che il cinema hollywoodiano ha usato – e continua ad usare – nei confronti dei nostri emigranti, indifferente ai drammi vissuti prima e dopo la partenza e alle condizioni di vita spesso ben peggiori di quelle che erano state abbandonate.

Il progetto, realizzato dall’ Istituto per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea della Provincia di Vicenza, ripercorre la storia dell’emigrazione italiana attraverso quelle opere cinematografiche che, più di altre, l’hanno raccontata con sensibilità e partecipazione, in particolare i film:

  • Il cammino della speranza, di Pietro Germi, Italia, 1950
  • La ragazza in vetrina, di Luciano Emmer, Italia/Francia, 1960
  • Sacco e Vanzetti, di Giuliano Montaldo, Italia/Francia, 1971
  • Pane e cioccolata, di Franco Brusati, Italia, 1973
  • Padre padrone, di Vittorio e Paolo Taviani, Italia, 1977
  • Good morning Babilonia, di Vittorio e Paolo Taviani, Italia/Francia/Stati Uniti, 1986
  • Nuovomondo – The Golden Door, di Emanuele Crialese , Italia/Francia, 2005

Scelta delle immagini e commento: Elvio Bissoli.
Collaborazione: Marina Cenzon
Ricerche iconografiche: Marco Marcante.
Montaggio audio e video: Gianni Marcante
Durata: 75 minuti