Un nuova casa comune

Si sbaglia di grosso Sallusti a gioire del regalo fatto dal virus «di liberarci, per la prima volta nel Dopoguerra, della retorica del 25 Aprile, quantomeno della sua rappresentazione fisica». Perché, pur in assenza di cortei, il 75mo anniversario della vittoriosa insurrezione della Resistenza al nazifascismo non passerà affatto in sordina, come indicano l’invito dell’Anpi a esporre simboli antifascisti da finestre e balconi, cantando Bella Ciao, o l’iniziativa “25 aprile 2020 #iorestolibero“, con la sua piazza virtuale in cui festeggiare insieme.


Sarà tuttavia, questo sì, un 25 aprile diverso, e non solo per l’assenza della sua «rappresentazione fisica».
Se il bisogno di riaffermare i principi di libertà dalla dittatura fascista, di rispetto della dignità umana, di solidarietà, di amicizia e di pace con tutti i popoli della terra è lo stesso di sempre, questa crisi di proporzioni planetarie sembra davvero gravida di nuove possibilità.


Evidenziando le contraddizioni del modello neoliberista dominante nel mondo, la pandemia ci offrirà l’occasione per rinsavire, per cambiare strada, per iniziare la transizione verso un altro paradigma? Le tante forme di solidarietà emerse man mano che l’isolamento sociale è diventato più duro, la creatività che tante persone hanno messo in campo per aiutarsi e per aiutare, il senso di comunità che qua e là è stato ritrovato potrebbero costituire il preludio di un futuro migliore? Saremo in grado, insomma, una volta vinta la guerra contro il “nemico invisibile”, di porre fine a tutte le guerre fratricide per combattere insieme il riscaldamento del pianeta e le disuguaglianze socio-economiche?


Oppure, quando la crisi sarà passata, lasciando una scia di morte, di sofferenza e di disoccupazione, tutto tornerà come prima? E, anzi, dopo il rallentamento obbligato del sistema produttivo, economico e finanziario, tutto riprenderà a correre a ritmi ancora più vertiginosi, sacrificando – ancora una volta e in modo ancor più predatorio – le esigenze degli ecosistemi sull’altare della necessaria ripresa economica? Le vittime della pandemia saranno morte invano?


Del resto, cosa ne è stato delle buone intenzioni espresse dopo la crisi finanziaria del 2008, malgrado all’epoca si dicesse che tutto sarebbe cambiato? Gli effetti di quella crisi sono ben noti: i cittadini si sono ulteriormente impoveriti, le disuguaglianze sono aumentate, la fiducia nelle istituzioni ha toccato il punto più basso e sono esplosi i populismi di estrema destra. E, infine, la momentanea caduta delle emissioni di gas a effetto serra ha ceduto rapidamente il terreno a un loro successivo aumento accelerato.


Eppure, malgrado tutto questo – e benché l’attuale chiusura dei porti ai migranti non autorizzi a farsi troppe illusioni -, non resta che sperare che questa volta sia diverso. Che, come scrive l’Anpi, questa crisi insegni «che possiamo venirne fuori solo tutte e tutti insieme», «nessuna esclusa e nessuno escluso».


Del resto, come evidenzia l’ecoteologo della liberazione brasiliano Leonardo Boff, se, quando il Covid-19 sarà stato vinto, «non avremo adottato i cambiamenti necessari, la prossima crisi potrebbe davvero essere l’ultima». Ed è per questo che «l’attuale pandemia rappresenta un’opportunità unica per ripensare la modalità in cui abitiamo la Casa comune, il modo in cui produciamo, consumiamo e ci relazioniamo con la natura».

Claudia Fanti

(In foto Leonardo Boff)