Elisabetta Conci

Conci Elisabetta

Elisabetta Conci

Si batte per l’adeguamento delle pensioni al costo della vita e per la scuola pubblica. E’ contraria infatti alla parificazione degli istituti privati e alla loro sovvenzione statale. Sostiene inoltre la riqualificazione dei/delle lavoratori/trici per evitare l’infruttuoso assistenzialismo della beneficienza.

Elisabetta Conci

Fa parte della “Commissione dei 18” incaricata di coordinare gli Statuti speciali regionali d’autonomia con la nuova Carta Costituzionale. Convinta della centralità della questione delle autonomie, sostiene molte delle richieste sudtirolesi e si adopera perchè molte competenze legislative vengano trasferite alle due province di Trento e Bolzano

Elisabetta (Elsa) Conci, figlia dell’Avvocato Enrico e di Maria Sandri, dopo aver conseguito la licenza liceale ad Innsbruck nel 1915, raggiunge il padre confinato a Linz con la famiglia. Accusata di irredentismo, evita la sentenza per una sopravvenuta amnistia alla morte dell’imperatore Francesco Giuseppe nel 1916.

Si iscrive alla facoltà di Filosofia dell’Università di Vienna che frequenta per tre anni fino all’ottobre del 1918. Finita la guerra si trasferisce alla facoltà di Lettere dell’Università di Roma dove si laurea con lode il 2 dicembre 1920. Durante il periodo universitario Elsa Conci è molto attiva nella Federazione universitaria cattolica italiana (FUCI) e ne diventa in seguito presidente della sezione romana. Rifiuta una cattedra di lingua tedesca al liceo di Pavia perché non intende allontanarsi dall’ambiente trentino dove aveva già iniziato una intensa opera di organizzazione della gioventù femminile

Accetta l’insegnamento della lingua tedesca presso l’Istituto tecnico «Leonardo da Vinci» di Trento dove rimane per quindici anni. La scuola rappresenta per lei il primo campo di azione sociale. Nei difficili anni della guerra offre la propria collaborazione al fine di creare centri di studio e di assistenza, doposcuola e mense per studenti.

Nel 1946 viene eletta deputata alla Costituente nella lista della Democrazia cristiana piazzandosi al secondo posto, dopo De Gasperi.

Fa parte del «Comitato dei 18», un comitato di redazione costituito dall’Ufficio di presidenza della «Commissione dei 75», allargato ai rappresentanti di tutti i partiti, che ha il compito di coordinare e armonizzare il lavoro prodotto dalle tre sottocommissioni della Commissione per la Costituzione. Si occupa con grande impegno della questione delle autonomie e dei problemi che la stessa pone in riferimento all’Alto Adige.

Appoggia le richieste sudtirolesi, e ottiene che i due comuni di Salorno e di Egna vengano uniti alla provincia di Bolzano; anche diverse competenze legislative vengono trasferite dalla regione alle due province di Trento e Bolzano, ma la richiesta della denominazione Südtirol, che tanto stava a cuore agli esponenti della Volkspartei, non viene accolta.

Viene eletta deputata per ben quattro legislature. La sua attività parlamentare è connotata da un’assoluta fedeltà al partito e come tale si esprime in un viscerale anticomunismo e in un forte spirito clericale tanto da essere definita dagli avversari «la pasionaria bianca».

La sua adesione all’ideale europeista la porta a collaborare alla fondazione dell’Unione femminile europea di cui ricoprirà la carica di Presidente dal 1959 al 1963.

Il suo impegno politico prosegue finché lo stato di salute glielo consente; si presenta in Parlamento l’ultima volta il 4 maggio 1965, ritirandosi poi nella sua casa di Mollaro in Valle di Non, dove si spegne il 1° novembre dello stesso anno.

Riposa nel cimitero di Trento