Ricordiamo con commozione e riconoscenza Domenico Romeo

Il 3 settembre 2022 è venuto a mancare Domenico Romeo: lo piangono la Sezione di Montecchio di cui era Vice Presidente e l’Anpi provinciale del cui Comitato provinciale è stato componente per molti anni.

 


Ricordando Domenico Romeo – 07/09/2022, a cura di:


Compagno Romeo, carissimo Domenico,

da giorni penso alle parole con cui salutarti qui, oggi. Non amavi i lunghi discorsi, né quelli retorici, e perciò quello che ti rivolgo, carissimo vicepresidente, non vuole essere un saluto formale ma l’abbraccio di un amico: fraterno, autentico, schietto come eri tu e sorridente nonostante il pesantissimo dolore che grava su tutti noi, sulla tua famiglia in particolare.

Da quando, domenica mattina, mi è giunta la notizia della tua improvvisa partenza un pensiero mi torna costantemente: ma cosa ti è saltato in mente, compagno Romeo, di andartene, e proprio ora, con tutto il lavoro da fare e coi tempi difficili che ci attendono. Solo la settimana scorsa, nella riunione del Direttivo, ci eravamo suddivisi i compiti per i prossimi mesi: riunioni da organizzare, relazioni istituzionali da mantenere o costruire e, naturalmente, commemorazioni cui presenziare, quelle commemorazioni cui non sei mai mancato, cui mai rinunciavi, sempre con la tua bandiera, quella che da decenni alzavi con rispetto e orgoglio, quella con le stelle nere dei caduti della brigata “Stella”. Ricordi quella volta in cui pure ti fermarono i carabinieri, scambiando la custodia della bandiera per quella di un fucile? “Non è presto per la caccia?” ti chiese un agente, a cui tu pronto rispondesti “Se vuole che vada a caccia con la bandiera!”. E seguirono, imbarazzate, le scuse.

Carissimo Domenico, sarà dura per tutti noi dell’ANPI non vederti più accanto a noi, come sarà dura non sentirti più intervenire nelle riunioni o al telefono per le sempre numerose attività da portare a termine. E a ogni telefonata o stretta di mano con cui ci salutavamo mi raccomandavi: “Saluta a casa”, “Salutami i tuoi”. Era questo il tuo spirito: prima le persone, le relazioni umane autentiche.

Nei momenti ufficiali come nelle riunioni intervenivi con misura, e sempre dopo aver ascoltato gli altri, ma nei momenti conviviali o nei tragitti in macchina verso una manifestazione, specie negli ultimi anni, ti lasciavi spesso andare a raccontare, a inseguire i tanti ricordi della tua vita lunga e operosa.

E allora raccontavi della tua giovinezza ad Africo: la povertà e l’ingiustizia, quest’ultima spesso perpetrata da chi deteneva il potere politico e religioso. Avevi conosciuto presto i soprusi, e anche per questo ti eri avvicinato a chi li combatteva. E poi l’emigrazione verso il nord: dapprima avevi pensato a Torino, ma poi, dopo aver visto l’immagine di un cartello in cui si dichiarava che non si affittavano case ai meridionali, avevi scelto il Veneto come tua destinazione. Ti commuovevi a raccontare quei tempi lontani, ma poi sorridevi, con quel tuo sorriso schietto e sincero, e di te, con quella parlata che mescolava accento calabrese, parole in veneto e in italiano, davi una definizione rapida e sincera: piccolo, terrone e pure comunista!

Era il 1959 quando arrivasti a Montecchio e subito, nonostante le difficoltà, ti facesti apprezzare nel lavoro ma soprattutto come persona retta, buona e generosa. La tua numerosa famiglia, cui ci stringiamo, le bandiere, il gonfalone della Città e tutte le persone riunite oggi lo testimoniano con la loro presenza. Tante e tante persone che ti devono molto, Domenico. Ma tu non chiedevi mai: lavoravi in silenzio, per la famiglia come per quegli ideali di giustizia, democrazia e pace che sentivi profondamente tuoi.

Questo ti aveva avvicinato alla Resistenza e all’ANPI. E tutti coloro che ti hanno conosciuto ricordano la tua dedizione per tenere viva la memoria dei caduti per la Libertà, anche gli avversari. E a qualcuno che ripeteva slogan contro i meridionali non avevi paura di rispondere: “El leon magna el teron, ma dopo tanti anni non me ha ancora magnà!”. Sapevi lottare e indignarti di fronte alle ingiustizie, piccole e grandi. Leggevi, pure, e qualche tempo fa, raccontandomi del libro di Luigi Longo Chi ha tradito la Resistenza, mi confidavi la tua rabbia per le tante conquiste mancate o che ancora attendevano il compimento.

Ci hai insegnato molto, Domenico, poco con le parole e moltissimo con i fatti, con la presenza e il tuo impegno. Tutti ricordano quei 25 aprile in cui, legata alla bicicletta la tua bandiera, la bandiera con le stelle dei caduti, attraversavi il paese col fazzoletto al collo.

E i Direttivi, in sede come a casa di Marisa, e le riunioni del Comitato provinciale ANPI, di cui da tanti anni facevi parte, e i fiori per onorare le lapidi e i cippi dei caduti per la Libertà a Montecchio, e le tessere, che, inforcata la bicicletta, completavi sempre prima di tutti noi. Sorridevo ammirato ogni volta che le recavi in Direttivo e ti dicevo “Eh, si vede la vecchia scuola del PCI!”

Insegnavi davvero dando l’esempio, compagno Domenico, e tantissimo è quello che tutti noi ti dobbiamo, non ultima la capacità di tenere separato il partito, per cui pure non esitavi a spenderti, e l’ANPI, anche quando, specie negli ultimi anni, le posizioni fra politica e Associazione potevano essere diverse.

Mi piace ricordarti in sella alla tua bicicletta, fedele compagna del tuo impegno fino all’ultimo, per cui ripetevi che “la patente non me l’hanno ancora levà”. Ti saluto pensandoti in sella, in una scena che mi raccontasti alcuni anni fa. Eri da poco arrivato a Montecchio e si stava costruendo l’autostrada A4. Un giorno inforcasti la bici e ti lanciasti lungo il tracciato. Così mi piace pensarti, in sella, la bandiera dell’ANPI bel salda, il fazzoletto al collo. Un resistente, un uomo libero.

Arrivederci, compagno vicepresidente, e grazie. Arrivederci Domenico, amico carissimo. Ora e sempre Resistenza!

Michele Santuliana