Raga Alta, 26 ottobre 2014

In occasione della commemorazione di Pietro Barbieri a Raga Alta, l’oratrice ufficiale è stata Tiziana Occhino, Sindaco di Arsiero.
Riportiamo qui il suo discorso.

Quando mi hanno chiesto di contribuire a questa giornata, ho pensato che il modo migliore per farlo fosse non tanto o non solo quello di venir qui e fare un discorso, quanto quello di raccogliere emozioni, percezioni, idee e provare a condividerle, in un esercizio diverso dalla trasmissione a senso unico di un sapere o di un pensiero che non ho la pretesa di volervi imporre, un esercizio che preveda invece il coinvolgimento di tutti noi qui presenti, una com-partecipazione a questo evento.

E allora inizierò la mia breve riflessione partendo da un’immagine molto bella, genuina, sentita del Raga Alta, immagine in dialetto che nel novembre del ’77 ci regala un poeta scledense, Gianmaria Grandesso, che forse molti di voi conoscono, che ha secondo me il potere in poche battute di descrivere la forza, il vigore della natura che in questo luogo si innesca con la storia di Pietro Barbieri e degli uomini della Resistenza, le accoglie, le ospita, si impregna del loro passaggio, … e cito

Quà ssemo in costiera.
Là soto, Siberia!
tera roversa
da brosema, mus-cio:
presepi de tempi lontani …
vao vanti, spantéso
me fermo, me volto:
là in fondo,
in mexo a le cassie:
Magrè.
Ancora su, in alto:
le tempie scombate;
davanti ‘sta casa de piera, rifata,
xe mejo fermarse:
scoltarse el silensio …
sentirse el profondo, potente respiro
che vien da la tera
che sa da Calvario
traverso ‘l Martirio …

Il martirio, il gesto del Barbieri che diventa il profondo potente respiro della terra, di questa terra. Nell’affrontare il tema del sacrificio e delle morte, una prima considerazione che mi sento di fare è che non si possa fare solo i conti DELLE vittime, ma bisogna fare i conti CON le vittime.

Perché se una vita spezzata vale uno, che si tratti di un bambino o un vecchio, di una donna o un uomo, di un fascista o un partigiano, è vero anche però che ogni vittima ha un suo carnefice e gli ideali, le motivazioni, lo spirito che muovono la sua azione non possono indistintamente valere uno nel computo dei caduti.

Il sacrificio di Pietro rimanda immediatamente dopo ad altri valori che sono passati di moda in quest’epoca in cui a contare sopra ogni cosa sembra essere la riuscita personale, il proprio tornaconto, il culto del sé a prescindere dall’altro e troppo spesso a discapito dell’altro: sono i valori della gratuità, della volontarietà, della solidarietà, dell’amicizia e della condivisione, della disponibilità, della famiglia nel suo senso più ampio, della scelta più scomoda in nome di un fine più nobile che la sopravvivenza, del dono incondizionato; non può che commuovere il suo ultimo e più alto gesto d’amore per salvare la vita di chi amava. E salva tre donne: la moglie, la figlia e la nipote. Non posso, da donna, non dar voce, mi perdonerete, allo stridere delle corde che questa vicenda tocca nel profondo. Nel 2014, settant’anni dopo questo atto straordinario ed estremo, le cronache sono sporcate invece quotidianamente da un termine aberrante, il femminicidio, contiamo una donna morta ogni tre giorni e il numero di donne che subiscono violenza fisica, sessuale o psicologica diventa addirittura impronunciabile.

Constatiamo che di genere oggi si muore, dunque. Ma si muore o si subisce violenza ancora per tutte le altre distinzioni di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali che la nostra Costituzione non ammette.

Non farò però ora la lista dei molti, troppi fronti di guerra ancora aperti, non leggerò pagine dal libro nero dei lutti, non stilerò l’elenco dei mali che colpiscono l’umanità e tantomeno mi cimenterò nell’inventario delle cause che ci hanno portato alla crisi che stiamo attraversando e di cui ogni giorno qualcuno ci ricorda gli effetti. Rimarrebbe un esercizio sterile di citazioni e numeri.

Riprendo invece la meditazione del Grandesso, che oltre al martirio recupera il tema del passato, questa casa rifatta come tempio della memoria, come simbolo indelebile degli eventi che qui si sono compiuti, infine quello più scomodo della guerra il cui inevitabile eco si percepisce, nitido, nelle vicende della lotta partigiana.

Direi però che ogni ragionamento che si limiti alla sola constatazione, al solo ricordo e alla consapevolezza degli elementi distruttivi della storia, che si fermi alla sola dimensione negativa non restituisce che le ceneri di un evento se non si ha immediatamente dopo il coraggio di recuperare la dimensione costruttiva, positiva, umana.

Allora è su questa doppia dimensione che vi invito a riflettere ed è in questo senso che ritengo necessario interrogarci oggi qui sul senso della vita, del presente, della pace.

Non è questo il tempo della ricostruzione dei fatti o almeno non può essere soltanto questo quello che rimane da dirci sulla Resistenza, non è nemmeno il tempo delle interpretazioni dei fatti, mille i punti di vista, mille le obiezioni possibili, tantomeno deve essere il tempo della dimenticanza e dell’oblio che sopraggiungono quando le storie e le testimonianze perdono la consistenza del vissuto perché le si possono relegare con relativa noncuranza in un’epoca che è altro da noi, dal nostro quotidiano, dai giorni nostri di cui parlano i giornali.

E allora, mi chiedo, con inquietudine e con umiltà, cosa ci rimane?

Me lo chiedo da cittadina, innanzitutto, me lo chiedo da donna, me lo chiedo da sindaco. Non è la pura memoria che può redimerci dal silenzio, non è l’atto, seppur doveroso, della commemorazione a salvarci dalla mera retorica.

All’inizio del mio mandato, ho giurato sulla Costituzione e la onoro ogni volta che nella mia azione amministrativa agisco secondo lo spirito e i principi che l’hanno ispirata. E la Costituzione Italiana è una costituzione nella sua essenza antifascista, non tanto o non perché sia stata scritta per superare i lutti ancora freschi del regime, quanto perché nasce dal bisogno di rovesciare le logiche e le categorie che caratterizzano il fascismo. L’uguaglianza e l’universalità dei diritti dell’uomo in risposta allo spirito di fazione e al principio di discriminazione,
il pluralismo e la democrazia in contrasto alla concezione totalitaria del potere,
la definizione di un confine invalicabile di libertà individuali per negare l’aggressione alle autonomie personali e sociali,
infine il ripudio della guerra, la negazione della politica di potenza celebrate dal regime e il conseguente riconoscimento del diritto internazionale.

Ecco, il tempo che mi rimane, che rimane a tutti noi, l’unico possibile è quello dell’agire senza remore, contro ogni logica della prevaricazione,
contro ogni limitazione alle libertà personali per cui qualcun altro prima di noi ha resistito,
contro ogni abuso di potere,
contro ogni sistema che violi i diritti per cui qualcun altro prima di noi ha combattuto,
contro ogni scusa che cancelli le responsabilità personali di esercitare i propri doveri,
contro ogni atto che sia volto a schiacciare la dignità di altri.

Perché non basta dire di no, non basta dichiararsi contro qualcosa per essere efficaci e credibili, bisogna agire a favore e costruire, bisogna avere la concretezza di piccoli gesti non violenti, bisogna collaborare e promuovere ovunque, a partire dalle mura di casa propria, azioni di pace.

Sul tavolo delle partite ideologiche non vincono i pensieri, i principi, gli ideali: questi servono a giocare le prime mosse, ma le mano vincenti spettano alle azioni.

E allora in ogni ambito e settore nel quale ci muoviamo quotidianamente dobbiamo, senza esitazione, mantenere piena coscienza del senso del nostro essere e del nostro fare, per contribuire, ognuno nel proprio ruolo, a salvaguardare e a costruire la libertà di tutti. Dobbiamo essere i fedeli interpreti e i migliori testimoni dei principi della nostra Costituzione.

Solo allora, circostanze come questa, assumeranno il valore più alto di essere occasioni fondamentali per interrogarci, costantemente, sul nostro agire. Solo allora potremmo con onestà dirci che non stiamo ricordando invano.

Permettetemi di ringraziare, in chiusura, la sezione ANPI di Magrè per organizzare ogni anno questa cerimonia in onore di Pietro Barbieri e dei caduti della sua Brigata, i rappresentanti delle altre sezioni ANPI, i colleghi sindaci, la figlia Gisella e i nipoti e tutti voi qui presenti per avermi permesso di condividere questo momento. Grazie.

Tiziana Occhino.