Nilde Iotti

Nilde Iotti

Componente della “Commissione dei 75” per la redazione del testo della Costituzione, entra a far parte della Prima Sottocommissione che si occupa dei diritti e doveri dei cittadini e presenta una relazione sulla famiglia incentrata sulla necessità di regolare con leggi specifiche il diritto familiare, sostenendo l’uguaglianza giuridica dei coniugi, l’equiparazione dei figli illegittimi a quelli nati nel matrimonio e il pieno riconoscimento da parte della Stato della funzione sociale della maternità. Si dichiara, inoltre, nettamente contraria all’introduzione del principio dell’indissolubilità del matrimonio nel testo costituzionale.

Nilde Iotti

Componente della “Commissione dei 75” per la redazione del testo della Costituzione, entra a far parte della Prima Sottocommissione che si occupa dei diritti e doveri dei cittadini e presenta una relazione sulla famiglia incentrata sulla necessità di regolare con leggi specifiche il diritto familiare, sostenendo l’uguaglianza giuridica dei coniugi, l’equiparazione dei figli illegittimi a quelli nati nel matrimonio e il pieno riconoscimento da parte della Stato della funzione sociale della maternità. Si dichiara, inoltre, nettamente contraria all’introduzione del principio dell’indissolubilità del matrimonio nel testo costituzionale. 

Nonostante le difficoltà economiche conseguenti al licenziamento per motivi politici del padre, Leonilde (detta Nilde) frequenta una scuola privata cattolica e grazie ad una borsa di studio si iscrive alla facoltà di lettere e filosofia dell’università cattolica del Sacro Cuore di Milano, dove si laurea il 31 ottobre del 1942. Si avvia alla carriera dell’insegnamento presso istituti tecnici di Reggio Emilia, dove insegna fino al 1946.

Durante la Resistenza è portaordini e collabora attivamente all’organizzazione dei Gruppi di difesa della donna, aperti alle donne di ogni convinzione politica e religiosa, che si segnalano per l’attività di sostegno ai Comitati di liberazione periferici, alle agitazioni nelle fabbriche per il sabotaggio della produzione di guerra e per l’assistenza alle famiglie dei deportati, dei carcerati e dei caduti.

Nell’autunno del 1945 diventa segretario provinciale dell’Unione donne in Italia (Udi). Grazie alla capacità organizzativa e all’impegno dimostrati nei Gruppi di difesa della donna prima e nella conduzione dell’Udi poi, Nilde lotti guadagna apprezzamento e consensi a livello locale, tanto da essere eletta, nella primavera del 1946, al consiglio comunale di Reggio Emilia, come indipendente nelle liste del Partito comunista italiano (PCI).

E’ eletta deputata all’Assemblea costituente nelle liste del PCI. Entra a far parte della “Commissione dei 75” nella sottocommissione incaricata della stesura della parte relativa ai diritti e ai doveri dei cittadini. Nominata relatrice sul tema della famiglia insieme all’esponente democristiano Camillo Corsanego, presenta una relazione sulla famiglia incentrata sulla necessità di regolare con leggi specifiche il diritto familiare, sostenendo l’uguaglianza giuridica dei coniugi, l’equiparazione dei figli illegittimi a quelli nati nel matrimonio e il pieno riconoscimento da parte dello Stato della funzione sociale della maternità. Si dichiara, inoltre, nettamente contraria all’introduzione del principio dell’indissolubilità del matrimonio nel testo costituzionale costruendo su questo punto una grande e trasversale alleanza con tutte le Costituenti.

Nelle aule di Montecitorio conosce Palmiro Togliatti, che diventa suo compagno di vita per quasi 20 anni. Questa relazione – non sancita da un matrimonio – viene osteggiata dalla società italiana dell’epoca e anche dal Partito Comunista.

Viene eletta ininterrottamente alla Camera dei Deputati per ben 13 legislature e dal 1979 al 1992 è Presidente della Camera, prima donna ad ottenere questo importante incarico per il quale è stata eletta sempre con amplissimo consenso. Guida l’aula con fermezza e responsabilità in momenti difficili e drammatici della storia del nostro Paese in cui grave è la minaccia del terrorismo e della criminalità.

Nel corso dei 53 anni di impegno istituzionale è promotrice della legge sul Diritto di famiglia (1975), della battaglia sul referendum per il divorzio (1974) e della legge sull’aborto (1978).

Nel 1999 non riuscendo, per ragioni di salute, a far parte della Camera dei deputati in modo attivo, insiste affinché la Camera accetti le sue dimissioni.

Il 18 novembre 1999 l’Assemblea, contrariamente alla prassi, approva al primo turno per alzata di mano le sue dimissioni.

Muore a Roma il 4 dicembre dello stesso anno.

Riposa nel Famedio del cimitero monumentale del Verano di Roma