Bruno Brandellero – Scoprimento targa commemorativa (23/04/2022): Orazione e foto

Commemorazione a Bruno Brandellero



a cura Flavio Cristofari



Sono veramente onorato oggi di essere qui con le autorità e tutti voi a ricordare Bruno Brandellero nell’anniversario dei suoi cento anni dalla nascita.


Sento di dover ringraziare tutti, ma in particolare ringrazio i parenti e gli abitanti di questa contrada che accoglie il suo “ricordo”.


Una attenzione particolare poi vorrei dedicare ai ragazzi della 3 media di Valli presenti che potranno essere testimoni in futuro, di questa giornata.


Non ho nessun titolo di “storico” per contestualizzare la vita e il sacrificio di Bruno nella triste realtà della guerra di liberazione alla quale lui ha scelto di partecipare. Anzi tra i ringraziamenti vorrei metterci tutte quelle persone che ne hanno ricordato la sua vita, le sue scelte ed il suo martirio.


Da semplice cittadino, iscritto all’ ANPI dal quale ho avuto l’incarico di parlare, posso solo ricordare a me e a voi gli insegnamenti che Bruno ha trasmesso durante la sua, pur breve vita.


Alla base della nostra vita c’è sempre una “scelta” e quello che mi ha sempre colpito dei giovani, che hanno fatto parte della resistenza, è stata la determinazione e la chiara consapevolezza di sapere da che parte stare.


I giovani che hanno scelto la resistenza come Bruno, non lo hanno fatto per motivi di opportunismo bensì avevano ben presenti i valori umani “universali” della giustizia e della libertà, valori da difendere anche a costo della propria vita.


La guerra di resistenza ha tenuto assieme persone dalle idee diverse che si sono trovate unite nel perseguirne l’obiettivo della libertà fino ad arrivare a dare un volto nuovo al nostro paese con una Costituzione che ancora ci tiene, non senza fatica, coesi.


Ogni scelta presuppone che uno sappia da dove viene ed abbia chiaro dove andare: Bruno sapeva che veniva da un ventennio di soprusi e da una terra, “la sua e nostra”, occupata da una forza nemica che avrebbe voluto imporre la sua legge di sopraffazione e di morte.


Aveva ben chiaro che voleva “una vita libera e democratica” per la sua famiglia e la sua gente.


Voleva senz’altro la pace ma non una pace qualsiasi, non una pace imposta, non una pace basata sul quieto vivere, non una pace che china il capo di fronte ai soprusi dell’oppressore, ma una pace basata sulla giustizia e sulla libertà concessa a tutti gli uomini, senza distinzione di colore, di sesso e di pensiero.


Il primo febbraio 2020 a Torrebelvicino abbiamo organizzato una manifestazione a causa di uno “scellerato” volantino che la mattina del 27 gennaio abbiamo trovato appeso nella bacheca del Partito Democratico.


Il volantino diceva:

27 GENNAIO GIORNATA DELLA MEMORIA
RICORDIAMOCI DI RIAPRIRE I FORNI:
EBREI, ROM, SINTI, FROCI, NEGRI, COMUNISTI
-INGRESSO LIBERO-



Purtroppo ancora oggi i rigurgiti nazi-fascisti, di chi mette al di sopra degli ideali di giustizia e libertà il proprio tornaconto e il desiderio di sopraffare l’altro sono ancora attuali ed hanno bisogno di chi li riconosce e li combatte.


Il mondo è pieno di guerre e in questi giorni, tra l’altro la guerra ci tocca da vicino con il conflitto in atto in Ucraina, una guerra che ci interroga e ci chiede ancora una volta di stare dalla parte degli oppressi.


Sarebbe bello commemorare chi ha combattuto per la nostra libertà in un momento di pace, la stessa che loro hanno conquistato per noi durante la guerra di liberazione, invece dobbiamo ancora ricordarli in un momento di guerra, di tante guerre che fanno morti innocenti tutti i giorni e costringono le persone ad abbandonare la propria terra per non soccombere al sopruso.


Leggendo i libri della resistenza ci chiediamo spesso da che parte saremmo stati noi.


Bruno Brandellero non hai avuto dubbi, tra l’oppresso e l’oppressore ha scelto l’oppresso, ha scelto di combattere per la libertà di opinione e per la democrazia.


45 anni fa, nel 1977, quando dovevo partire per fare il militare ho scelto di fare l’obiettore di coscienza e l’ho espressamente esplicitato nel questionario che dovevo compilare durante la visita militare.


Al colloquio successivo con il graduato preposto, mi è stato ricordato che se potevo fare
questo, era merito della democrazia che c’è in Italia che con la legge 772 del 15 dicembre 1972 ammetteva il servizio civile sostitutivo.


Io l’ho pensato dopo, ma avrei potuto digli che la democrazia, che mi ha permesso di fare quella scelta, l’hanno voluta gli uomini della resistenza che le armi le hanno usate, si, ma per non arruolarsi alla repubblica di Salò.


I partigiani avevano ben chiaro che la sete di dominio non poteva superare il “rispetto” della persona e della sua libertà.


Diceva don Milani parlando ai cappellani militari: “Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora io vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato e privilegiati e oppressori dall’altro.”


E sempre don Milani scriveva: “…in questi cento anni di storia italiana c’è stata anche una guerra giusta, (se guerra giusta esiste), l’unica che non fosse offesa delle altrui patrie ma di difesa della nostra: “la guerra partigiana”, da un lato c’erano dei civili, dall’altra dei militari, da un lato soldati che avevano obbedito, dall’altra soldati che avevano obiettato”.


La pace si costruisce con l’impegno al dialogo di tutte le parti in causa e si costruisce soprattutto non fomentando odio e non fabbricando armi che riempiono gli arsenali che prima o poi qualcuno si sente in dovere di svuotare.


Mi preme poi ricordare, che quello che ha fatto Bruno è andato oltre a qualsiasi logica umana.


Quel giorno in Vallortigara era riuscito a mettersi in salvo nel bosco, poteva scappare. Quando ha visto che gli abitanti della contrada stavano per essere uccisi non ha esitato ad uscire dal suo rifugio e a consegnarsi, sperando di salvare la vita degli abitanti inermi ma ben conscio che avrebbe sicuramente sacrificato la sua.


In quel caso ha usato le armi, la “machine pistola” che aveva preso all’ammiraglio catturato sopra S. Antonio qualche giorno prima, ma solo per farsi riconoscere ed autodenunciarti al plotone d’esecuzione già pronto
a sterminare gli abitanti di Vallortigara.


Credo non abbia pensato che era un eroe mentre lo interrogavano, torturavano e uccidevano, forse ha pensato solo ad essere se stesso, non tradendo i suoi compagni.
La commemorazione di oggi possa essere motivo di riflessione per noi perché dobbiamo consegnare alle generazioni future un mondo migliore di quello che abbiamo ereditato.


Dal sacrificio di Bruno e dal sacrificio di chi ha seguito la sua stessa strada è nata una costituzione e una società che, pur tra mille contradizioni, ci ha dato 77 anni di pace.


Bruno è nato 100 anni fa, ne ha vissuto 22 anni di sacrifici 22 anni orribili e tremendi senza vedere i risultati del suo sacrificio.


Molti pensano: Ma basta con stà resistenza, ogni anno la solita solfa… è roba passata, pensiamo ai nostri problemi, dobbiamo guardare avanti….


Noi non la pensiamo così: La resistenza è uno stile di vita, vogliamo conoscere e far conoscere la resistenza non perché siamo dei nostalgici ma perché vogliamo che i nostri figli e nipoti siano sempre in grado di esprimere le proprie idee e possano crescere nella democrazia compiuta.


La libertà e la giustizia che uomini come Bruno hanno cercato e ci hanno donato è un regalo che ci dobbiamo meritare e dobbiamo difendere da coloro che pensano di manovrare il mondo per i propri interessi a scapito
della povera gente.


Continuiamo a chiedere a noi ai nostri politici, ai nostri amministratori che si impegnino a governare con saggezza, competenza e abnegazione. Ci sono Amministratori e politici che dicono di governare ispirandosi alla Costituzione ma si dimenticano spesso che la Costituzione è stata costruita sul martirio di giovani come Bruno che non hanno fatto le loro scelte pensando al loro tornaconto ma al bene comune.


Quando la sorella di Bruno, incinta, in piazza a Valli del Pasubio ai bordi della scalinata della chiesa, si è avvicinata al fratello prigioniero, piangendo, gli ha domandato cosa ne sarebbe stato di lui.


Bruno gli ha risposto di essere contento perché ha salvato la vita agli abitanti di Vallortigara e guardando la medaglietta della madonna che aveva appesa al collo ha detto: “mi rimetto nelle sue mani… “


I segni della fede per Bruno non sono stati pura ostentazione per captare la buona fede della gente bensì sono stati parte del suo credo e per essi si è sacrificato.


Grazie Bruno
Viva l’Italia e viva la Resistenza

 

Flavio Cristofori