Alla dichiarazione di guerra del 10 giugno 1940, le donne vicentine si prepararono silenziose, al fianco degli uomini, ad affrontare gli eventi bellici.
Ma quella rassegnazione equivaleva a un’adesione?
Tramite documenti d’archivio e fonti orali, l’autrice ricostruisce alcuni aspetti del rapporto tra il regime fascista e le donne vicentine: le dissidenti, schedate dagli apparati di polizia come pericolose e costantemente vigilate; le madri, mogli e figlie dei confinati politici, che, rimaste prive del sostegno maschile, dovettero far fronte a miseria e solitudine; le lavoratrici e le massaie, che furono il fulcro delle proteste contro il regime, in prima fila negli scioperi e nelle sollevazioni popolari. Infine, la ricerca affronta il tema delle scelte compiute dalle giovani donne che decisero di arruolarsi come volontarie nella Resistenza vicentina.
Donne che non solo furono staffette, infermiere, cuoche, sarte e lavandaie, ma anche combattenti e dinamitarde, pagando un prezzo altissimo per la loro scelta in termini di sofferenze e umiliazioni, torture e sevizie, detenzione in carcere e deportazione nei campi di concentramento.
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