Commemorazione a Ca’ Trenta di Schio

Il 22 giugno 2014 sono stati commemorati i quattro Partigiani fucilati 70 anni fa a Ca’ Trenta di Schio.
Ecco l’intervento di Antonio Angelina.

Buongiorno a tutti. Siamo qui oggi per ricordare e commemorare i 4 partigiani trucidati dai nazi-fascisti proprio 70 anni fa nella data del 22/06/1944.
Quel giorno quattro partigiani, detenuti in caserma Cella a Schio, furono qui condotti e trucidati. Erano stati presi, si disse, durante il grande rastrellamento condotto dai tedeschi, dai fascisti e dal battaglione di ucraini di stanza a Marano Vicentino in tutta la val Leogra tra il 16 e il 18 giugno, azione culminata con il noto scontro a fuoco di Vallortigara e il sacrificio di Bruno Brandellero che domenica scorsa abbiamo ricordato al monumento di Vallortigara. Si trattava di quattro giovani, due vicentini e due originari della Sicilia: il ventenne Luciano Besco ”Cucciolo” di Recoaro, il ventiduenne Eucaristo Marchetto ”Ruggero” di Arzignano, il ventinovenne Salvatore Pappalardo e Salvatore Campesi. Partigiani della brigata “Stella”. Le vittime sono state condotte sul luogo dell’esecuzione a Cà Trenta e costrette a scavarsi la fossa prima di essere fucilate e poi sepolte a fior di terra. I tedeschi lo fecero per rappresaglia volendo vendicare il caporale della Luftwaffe ucciso in uni scontro a fuoco, in quel luogo, il 12 giugno precedente, quando una ventina di giovani di S.Vito di Leguzzano, scortati da un gruppo di fascisti, si stava recando a Schio per l’arruolamento. La colonna venne attaccata da formazioni partigiane nel tentativo di far fuggire i ragazzi di S. Vito e qualcuno ci riuscì, per gli altri condotti al presidio tedesco di Schio alle scuole Marconi seguì la deportazione in Germania..
Più o meno le stesse situazioni che si ripetono in tutto il nostro territorio con le solite modalità di esecuzione, di metodo di eliminazione e di strategia del terrorismo nei confronti della popolazione. La tecnica usata per instaurare terrore con lo scopo di mantenere l’ordine.
Quanti di questi cippi e monumenti, di targhe, di simboli a loro ricordo ci tornano alla mente sparsi per tutto il nostro territorio e per quanti di loro sia il luogo della morte o il luogo della sepoltura, sempre che ne abbiano avuta una, non sono mai stati contrassegnati per i posteri e quante famiglie che hanno avuto famigliari caduti non hanno mai potuto far vedere il loro dolore perchè oltre ad aver subito la disgrazia hanno subito un silenzio storico. Dolore che ancora oggi trattengono dentro di loro quasi fosse una macchia indelebile da tenere nascosta una colpa che per anni nel dopoguerra ha contrassegnato le persone e le famiglie viste quasi come colpevoli e non come vittime.
E’ da sempre che si tenta in tutti i modi di nascondere i fatti, la storia, gli eventi e far cadere nell’oblio quel periodo di riscossa. Una manovra che direi quasi riuscita visto che se si chiede ai giovani che cosa ricordino loro a livello storico le date dell’8 Settembre e del 25 Aprile ben pochi ti danno delle risposte, i più ti rispondono l’8 Settembre festa a Monte Berico e le giostre (non che la festa patronale di Vicenza non sia importante) per il 25 aprile qualcuno ti risponde festa della liberazione… poi pensandoci ti dice si dagli ebrei o qualcun altro da Garibaldi. Evidentemente manca la parte storica nella loro educazione sia scolastica che civica. Anche se in questi anni con le Amministrazioni locali, che ringraziamo, abbiamo proseguito questi momenti di ricordo forse non è stato abbastanz.a Sì, è un autocritica che viene anche dall’interno della mia associazione l’ANPI non certo una critica su come ci si approccia al ricordo dei caduti che onoriamo in moltissime occasioni riportando nuovi momenti di riflessione, ma sul fatto di non aver saputo marcare di più sul versante della scuola. Dovremmo essere più incisivi verso quelle istituzioni che portino sui programmi scolastici la trattazione degli argomenti riguardanti il periodo fascista e la guerra di liberazione.
Sono convinto che lo studio di quel periodo, o ancora meglio se lo avessero fatto passare nei programmi scolastici di qualche anno fa, avrebbe concorso a formare persone e dirigenti più sani sia sul fronte della legalità che della moralità. Siamo ancora in tempo ed anzi proprio oggi che non troviamo più punti di riferimento possiamo spendere una moneta che non conosce svalutazione e non perde valore in borsa. Questa moneta si chiama storia su un lato e cultura sull’altro; con un capitale simile ci può essere solo un alto tasso di interesse da spendere in una società che guarda alle leggi, all’interesse dell’individuo, all’onestà di chi fa servizio per gli altri specialmente chi prende la via della politica e giura sulla costituzione italiana e che quindi ogni volta rinnova la propria storia democratica derivata dal sacrificio di chi ha lottato per la liberazione e di chi sta ancora contribuendo perché le basi della nostra repubblica siano ben ancorate a quei valori raggiunti con la resistenza.
Non posso pensare che oggi ci siano ancora persone che inneggiano a qualunque tipo di dittatura, di razzismo, di diversificazione delle classi sociali di chi nega diritti ad altri solo perché ha la pelle di colore diverso o perché di altri credi religiosi o politici, mi indigno quando mi raccontano che in qualche sala consigliare dopo le ultime elezioni amministrative qualcuno si esibisce con il saluto romano in barba alle leggi che vietano in qualsiasi modo l’apologia del fascismo. Fare questo, ma anche permettere questo, significa negare alle persone i propri diritti e dico negarli anche a sè stessi. Chi compie questi atti, chi vede compiere questi atti e non fa nulla continua quel sistema, che ho citato all’inizio, di terrore e di terrorismo che noi italiani in quanto tali abbiamo estirpato dalla nostra storia scrivendo una costituzione che ci salvaguarda tutti dal ricadere in quel buio in quel baratro senza ritorno che ha causato milioni di morti e divisioni nel mondo e che ancora oggi ne stiamo pagando le conseguenze.
Invito tutti, da chi come semplice cittadino chiede e deve chiedere che i suoi diritti vengano rispettati, a chi ci governa sia localmente sia a livello nazionale che internazionale, a chi abbia anche solo influenza sugli altri nel mondo del lavoro nel mondo civile, di continuare a parlare di resistenza, di liberazione, di repubblica, di costituzione perché queste sono le cose che possono dare futuro, che possono essere prese ad esempio dai giovani che devono far riemergere quei principi che caratterizzano il valore dell’essere umano l’onestà, la giustizia, l’umanità, la moralità.
Se veniamo qui con altre intenzioni o se veniamo qui con l’incombenza della rappresentanza, allora approfondiamo le storie di questi caduti e poi confrontiamoci con lo specchio alla mattina se siamo o non siamo degni di essere italiani o se l’immagine riflessa è offuscata da altre aspettative e non ci sentiamo a posto.
Loro, i nostri morti, la faccia ce l’hanno messa ed era una faccia pulita, quella faccia che anche se privati della vita rifletteva la loro immagine, l’immagine della Libertà.

Viva la Resistenza e viva l’Italia in cui crediamo.