tratto da “I quaderni della Resistenza – Schio” n. 6 novembre 1978
Cicchelero Domenico nacque da Vincenzo e da Maria Baccheri a Valli del Pasubio il 25/11/1925 e morì a Colletto di Posina il 12/08/1944.
La famiglia Cichellero è immigrata a Magrè da Valli del Pasubio nel 1926 stabilendo la residenza in Raga. Dall’età di quindici anni Domenico presta la sua opera nelle cave di caolino della Valle dei Mercanti a Torrebelvicino, finché la sua classe, il 1925, non viene direttamente coinvolta negli eventi bellici.
All’inizio del 1944 le numerose perlustrazioni e i rastrellamenti nazifascisti che sistematicamente si susseguono – anche se preannunciati dalla compiacenza di un soldato germanico di fede socialista che dal Cimitero Vecchio sale spesso a raga a scambiare quattro chiacchiere, in tedesco, con papà Vincenzo – costringono il giovane remittente a cercare di continuo nuovi e più sicuri e nascondigli.
Nella tarda primavera con l’intensificarsi della lotta ribellismo, Domenico, ossessionato dall’idea di essere la possibile causa di danni o rappresaglie per la famiglia, decide di abbandonare i suoi cari e con malcelata nostalgia sale stabilmente sul Novegno per aggregarsi con il nome di battaglia “Lupo” ai partigiani del Battaglione “Apolloni”; durante il mese di luglio viene inquadrato nel distaccamento di “Glori” (Giovanni Cavion).
Ai primi di agosto il giovane, con un biglietto, invita la madre a salire sul colletto di Posina con alcuni capi di vestiario di cui ha urgente bisogno: l’appuntamento è per il 12 agosto.
La mamma, indossati sotto ai suoi gli indumenti del figlio per non destare sospetti con un pacco nel caso di cattivi incontri, sale senza esitazioni sul monte con l’incontenibile ansia di rivedere il suo “nico” ma, giunta in Contrà Pozza, è fermata della guida che doveva condurla al figlio essendo nato nella zona un micidiale rastrellamento. Delusa ma non doma la donna si fa indicare la via e prosegue da sola con rinnovata energie verso il luogo dell’incontro quando una improvvisa gragnuola di proiettili la convince di essere divenuta ad un tratto il bersaglio di un drappello di tedeschi: getta borsa e scarpe fu già precipizio riuscendo ad eludere i soldati, a trovare rifugio in una grotta nel pendio del bosco e a fare quindi ritorno alla Contrà Pozza.
Più in alto intanto si continua a sparare: una intera divisione tedesca è spiegata nella terribile operazione diretta all’annientamento dei ribelli stanziati nella Val Posina e nei monti circostanti. Intanto, poco lontano dal punto d’arrivo di Maria Baccheri, da “Thomas” (Antonio Nardello), capo della pattuglia di patrioti appostata al colletto di Posina, giunge un partigiano di Glori, recante l’ordine di fornirgli un uomo con cui accompagnarsi ad una malga del Monte Novegno per prelevare un toro da macello che si era rotto un garretto. “Lupo” – che ha dimestichezza con i luoghi – si offre volontario e parte con il nuovo arrivato per il compimento della missione.
Solo dopo aver affrontato le impervie rampe del Novegno i due si accorgono di essere piombati proprio nel mezzo dell’azione di rastrellamento della zona; allora “Lupo” ripiega prontamente verso la sua postazione per avvisare i compagni del grave pericolo mentre l’altro scende a precipitosamente verso Poleo dove conosce l’ubicazione di un bunker.
Seguendo la testimonianza di alcuni malgari, raccolta e riferita da Angelo Cichellero e Antonio Nardello, i fatti sono così proseguiti:
“Una nutrita sparatoria precedette l’apparizione di “Lupo” che si appressava zoppicante a Malga Fontana forse colpito da una pallottola forse ferito da un bastone punto forse ferito accidentalmente nella sfrenata corsa di avvicinamento. Il partigiano – appoggiandosi ad un bastone – puntò dritto verso un tratto scoperto con l’evidente intento di guadagnare il vicino crinale e rigettarsi nel fitto bosco di carpini dell’altro versante. Una raffica lo raggiunse nell’attimo decisivo. Caduto sulla cresta del monte fu subito accerchiato da una torma di nemici che infierirono sul corpo inerte con il calcio dei loro fucili”.
Nel frattempo la pattuglia di “Thomas” messa sul chi va là dalle detonazioni riuscì a sganciarsi a sottrarsi all’accerchiamento.
Il rastrellamento si protrasse per tre giorni: durante una pausa i malgari di Malga Fontana riuscirono ad occultare il cadavere in una galleria e quindi, dopo circa un mese, a seppellirlo nei pressi con una bara rudimentale.
Dopo qualche tempo i familiari, ignari dell’accaduto, iniziarono le ricerche e – ancora una volta – fu la mamma, accompagnandosi all’altro figlio Angelo di dieci anni, che sfidando le avversità ed i pericoli battè a più riprese tutti casolari della zona spingendosi fino alle lontane Contrade del Monte Majo dove si diceva avessero trovato rifugio alcuni Partigiani feriti.
Le disperate indagini della povera donna si arrestarono dopo oltre un mese – ancora in Contrà Pozza – davanti ad un brandello di stoffa, ad un frammento di cintura ed una ciocca di capelli.
Al termine della guerra la salma del Caduto fu recuperata dai compagni d’arme e posta in una camera ardente allestita a Pievebelvicino dove il padre, e solo lui, volle pulire minuziosamente i miseri resti e ricomporli in una nuova bara interrata poi al sacrario della Santissima Trinità.
A Domenico Cicchelero – subito dopo la morte – fu intitolato il PRIMO dei 4 “distaccamenti” che componevano la brigata partigiana “Barbieri” quello della zona di Montenaro (Pieve) comandato da Antonio Nardello
Testimonianze di:
- Maria Baccheri Ved. Cicchelero (Classe 1900)
- Angelo Cicchelero (Classe 1934)
- Nardello Antonio “Thomas” (Classe 1924)
