Quale normalità?


Una mano anonima ci ha regalato una perla di saggezza sul muro di qualche città, che è stata poi ripresa e moltiplicata in altre lingue in giro per il mondo. Essa recita: “non vogliamo tornare alla normalità perché quella normalità era il problema”.
Sì, non solo non era normale, ma una vera e propria aberrazione pensare di fare a meno degli altri; dire che la “società non esiste” e che lo Stato è una “bestia da affamare”, illudendosi di non avere bisogno dei suoi servizi, come la sanità pubblica e universale, persino per gli evasori fiscali.
Non scopriamo oggi la nostra fragilità; eppure, c’è ancora qualcuno che si sente invincibile, intoccabile, immortale.
Pur segregati in casa, magari lavorando, restiamo esseri sociali e responsabili. Nel dramma, possiamo discernere meglio ciò che è sostenibile, giusto, equo, da ciò che non lo è; ciò che di buono produce la globalizzazione da ciò che di essa va corretto al più presto; gli altruisti e generosi dagli egoisti e menefreghisti; le brave persone da quelle no; i politici dai ciarlatani; la fede, religiosa o laica che sia, dalla magia; fra chi pensa solo al profitto e chi alla salute, prima, e al lavoro, poi.
Maledetto virus, che per sopravvivere hai bisogno di seminare morte. Per questo, sarai sconfitto e ci libereremo di te un 25 Aprile, resterai un triste ricordo, ma anche un monito: perché c’è un mondo da ripensare, su basi nuove, diverse e migliori. Come 75 anni fa.

Marco Cantarelli