Emilia Augusta Bertinato “Volontà” (1925-2006)

Emilia Augusta BertinatoIl 13 dicembre 2006 a Montecchio Maggiore è deceduta Emilia Augusta Bertinato, nata nel 1925, la partigiana “Volontà”. Al suo funerale, celebrato a Santa Trinità di Montecchio, erano presenti tanti amici e amiche, partigiani e partigiane, rappresentanti di varie Sezioni ANPI con le loro bandiere. Tra gli altri c’era Teresa Peghin “Wally”, che ha voluto ricordarla in cimitero con un commovente messaggio di commiato e di rievocazione della loro lunga conoscenza e amicizia, dall’esperienza della Resistenza fino all’ultimo periodo della vita.

Prendendo la parola a nome del Comitato Provinciale, Mario Faggion, dopo aver espresso le condoglianze e la solidarietà dell’ANPI vicentina ai figli Gelsomino e Romeo, alle nuore e ai nipoti, ha ricordato ai numerosi presenti le tappe fondamentali della sua esistenza.

«Augusta ha dedicato la sua giovinezza alla Resistenza, impegnandosi nel 1944 e 1945 come staffetta e partigiana combattente (così figura negli elenchi del distretto militare) nella lotta contro i nazifascisti per la libertà del nostro Paese, per la conquista della pace, della democrazia e della giustizia sociale.
Anche il fratello Francesco “Neri”, della classe 1923, era impegnato nella Guerra di Liberazione. Nativa di Tezze di Arzignano, Augusta era legata da vincoli affettivi a Giglio già nel 1944 ed era entrata in una famiglia, quella dei Camerra di Santa Trinità, tutta dedita alla Resistenza: dalla madre Maddalena Sartori, del 1899, che divenne poi la sua suocera amata ai figli Gelsomino “Diavolo”, Luigina “Anita”, Giglio”Inferno”, Bruno “Sigaretta” e Nazzareno “Fiammifero” partigiani della brigata garibaldina Stella, delle Formazioni Garemi.
Con loro ha vissuto le vicende, ora esaltanti, ora drammatiche della Resistenza in questi luoghi: il disarmo della Marina il 23-24 luglio 1944; il trasferimento sui monti della Valle dell’Agno dei giovani di Montecchio, Tezze, S.Trinità, S.Urbano e Bernuffi; l’arresto e i maltrattamenti subiti dalla mamma dei Camerra; il tragico rastrellamento di Piana di Valdagno, dove persero la vita 13 partigiani di Montecchio e 6 di Tezze di Arzignano; la morte di Gelsomino il 30 settembre, di “Anibo” e più tardi di “Romeo-Tevere” e il ferimento del fratello Francesco “Neri”; anche lei ha subito interrogatori, minacce e angherie da parte della X MAS di Montecchio per 20 giorni, essendosi presentata perché era stata incarcerata la sorella che aveva due anni di meno. Liberata, riprese il suo posto nella lotta, a fianco di Giglio.
Con la Liberazione e la gioia della libertà finalmente raggiunta, poté coronare il suo sogno unendosi in matrimonio con Giglio. Ma le difficoltà e le tribolazioni per lei non erano finite. Giglio aveva contratto una seria infermità nel corso della Guerra di Liberazione e lei, per lunghi anni, fu al suo fianco sostenendolo moralmente. Gli diede due figli, Gelsomino e Romeo. Quando il marito si ristabilì, essendo però sempre bisognoso di cure, si impegnò lei nel lavoro per portare a casa la busta paga.

E’ stata una madre affettuosa, una sposa fedele e premurosa, una cittadina esemplare.
Per tutta la vita ha mantenuto fede agli ideali e ai valori della Resistenza, scritti nella Costituzione, sempre presente agli incontri e alle manifestazioni.
Ora ha raggiunto il suo Giglio che aveva perduto nel 2004.
Grazie, Augusta, per l’esempio e l’insegnamento che ci lasci.
Non ti dimenticheremo. Addio».